Dammi un abbraccio

Mi chiamo Luca, ho 43 anni e sono biondo, biondissimo, sembro un norvegese.

Sono sposato da un bel po’ d’anni,  fino a un paio d’anni fa gli anni di matrimonio mi sembravano pochi, leggeri, anzi nemmeno ci pensavo al tempo che passava,  poi sono diventati tanti, troppi, pesanti. A un certo punto mi sono accorto che mia moglie non mi emozionava più, né avevo voglia di condividere pensieri o sensazioni con lei. Più passava il tempo, più diventavamo  estranei, o meglio io diventavo estraneo,  ancor meglio,  straniero alla nostra coppia. Ma lei, impermeabile,  non s’accorgeva di nulla.  Così perfettamente in linea col suo pensiero di sempre, sempre uguale a se stessa, sempre presente a sé e alla famiglia,  impeccabile,  forte, sicura. Noiosa. Lontana. Non avevo più alcuna curiosità per lei né appetiti.

In quel luogo oscuro in cui si era rifugiato il mio matrimonio alla deriva, incrociai una donna. Alta, flessuosa, un corpo nervosamente magro, i sorrisi nascosti, senza particolari simpatie, timida, insicura. Me ne innamorai,  non so nemmeno dopo quanto tempo dalla nostra conoscenza, ma forse non avevo niente da fare, come dice una famosa canzone.

Anche lei sposata, dei figli piccoli, un marito distratto, senza tenerezze. La prima volta che facemmo l’amore,  fu un sesso impacciato, non avevo fatto molte esperienze nella mia vita,  lei ancor meno. Pudica, inesperta,  piena di paure e sensi di colpa. Un’amante ossuta e un po’ maldestra. Ci incontravano ogni tanto, per 2 ore al massimo,  un sesso frettoloso e un po’ doloroso.

Ero proprio innamorato di questa qui. Non so bene cosa volessi farne,  nei miei sogni volevo vivere con lei, ma non prevedevo i suoi figli così piccoli, con le loro noiose esigenze.  Lei tante volte piangeva, raccontandomi dei dissapori con quel marito ossessivo e manipolatore e prese a piangere ancor di più quando lui scoprì tutto. Piangendo mi disse che dovevamo lasciarci. Piangevo anch’io e ci siamo lasciati. Poi ripresi. Poi lasciati, poi ripresi. Poi lo scoprì anche mia moglie. Tragedia greca, accuse infamanti, urla, strepiti, ma nemmeno per un secondo parlò di separazione. Io ero via, da lei, dall’altra,  dalle ragioni dell’una,  dell’altra.

Ero solo. A casa, ma solo. E infinitamente triste. Piangevo spesso:  da solo,  dal mio terapeuta, con il mio migliore amico. Ero penoso.

Ero sempre più disadattato. Molte volte ho desiderato morire, ma poiché sono così vigliacco da andare via di casa, figuriamoci dalla mia pelle.

Una sera ho attuato una fuga, ero pazzo di desiderio d’amore. Sono andato dove battono le prostitute, mi sono avvicinata a una ragazza giovane e molto bella. Il cuore in gola,  era la prima volta in vita mia, la paura d’esser visto da qualche conoscente, di cosa  le avrei detto, cosa avremmo fatto.

Abbiamo pattuito la prestazione, é salita in macchina e siamo andati a casa sua. Una casa disadorna, un filo dal soffitto con un lampadario triste, mi ha detto il suo nome, un nome da straniera. Si spoglia, io guardo a terra. Ho fame d’amore,  amore, non sesso.  Le dico che non voglio consumare,  ho bisogno solo di un abbraccio,  un abbraccio,  ne ho dannatamente bisogno. Lei pare contrariata,  disturbata, forse immagina di non piacermi, ma é bellissima,  solo che io voglio unicamente un abbraccio. Alla fine acconsente,  mi abbraccia,  lo fa un po’ distratta e un po’ delicatamente. Poi mi dice qualcosa che mi fa ridere,  ride anche lei,  ma continua a tenermi abbracciato, é simpatica.  Poi si stacca,  sono passati 20 minuti, tutto il tempo che può concedermi per 50 euro.

La saluto, mi ha fatto meglio della solita seduta dallo psicologo. Ma é risaputo, il loro mestiere aiuta tanti disperati, anche quelli come me.

Amelia De Simone – 9  maggio 2017

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