L’anfora d’oro dal cuore d’argilla

In torteria oggi una calma grassa e goduriosa.

É arrivato un nuovo cliente, Valère, sudafricano, la pelle che sa di terra rossa mista a mieli pastosi e soli che tramontano senza fretta.

Il locale oggi é semivuoto, novembre sta donando ai torinesi giornate saporite di aria dolce, zuccherosa, e di luci che mettono energia e vita, le gambe vogliono camminare veloci, allontanarsi indenni dalle coltri autunnali, godere dell’aria aperta, dei colori lussureggianti del Valentino, dei passi che sentono il fluire luminoso e lento del Po.

Valère sceglie la torta più semplice, la torta allo yogurth, e questo mi racconta già molto di lui. E molto mi raccontano gli occhi profondi, con taglio orientale, scintillanti, le mani senza sofferenze, che lo descrivono studioso, forse uno scrittore, un antropologo o un medico.

Non glielo chiedo, un patto di riservatezza si stabilisce subito tra noi, ma resto curiosa. Viene da Parigi, ha sposato una francese, ha due bellissimi bambini, così dice, ma non ho motivo di dubitarne, e una vita divisa tra l’Europa e le radici africane.

Pronuncia appena Il nome del suo paese d’origine – indovino dietro il grande nodo delle radici strappate con dolore – gli occhi di luce diventano d’ombra – gli offro una tisana all’arancia, cannella e anice stellato. Gradisce, come tutti gli animi gentili.

Mi racconta di anni intensi, fuori dall’ordinario, intrisi di esperienze che gli europei definiscono animiste, gli europei con la loro perniciosa abitudine di separare anima e corpo, spirito e carne, e la necessità di coltivare quel lato razionale che ti rende un ottimo accademico, ottimo lavoratore, ottimo risolutore, una persona socialmente accettata e stimata, ma soffocata nei suoi afflati più primordiali.

Mi racconta del suo amore più grande – intuisco non sia sua moglie, lui non puntualizza, lascio che il silenzio preservi il suo pudore – e la definisce in una maniera che mi commuove: un’anfora d’oro dal cuore d’argilla,
alludendo al valore spirituale della fanciulla, un’anfora che accoglie morbida e capiente, fatta di materiale prezioso, ma dal cuore fragile, da preservare e proteggere.

Valère sembra un vecchio saggio, ma guardandolo dimostra a malapena 35 anni, però ha un animo antico, la sapienza degli avi, il sorriso pacato di chi sa dove lo conducono i suoi passi.

Mi lascia un libro, non un regalo per me, ma per la torteria, al libero accesso dei miei clienti. Amo questo genere di generosità, mi dà la misura di chi ho di fronte.

Racconti mitologici, il primo dio che incrocio é Ares. Mentalmente associo la lettura ad alcuni avventori della torteria.

Valère mi saluta, ma mi chiede di rifare la stessa torta dopo un mese. Sarà ancora di passaggio a Torino e tornerà per godere della torta allo yogurth più buona che abbia mai mangiato.

Sorride, ora sembra avere vent’anni o poco più, ha la giovinezza delle anime fresche, senza rughe, diventa bellissimo, un Ares africano.

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2 thoughts on “L’anfora d’oro dal cuore d’argilla

  • 10 Novembre 2015 at 22:35
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    La bellezza di questi racconti è l’immediatezza e la familiarità dei personaggi. Spontanei, naturali, profondamente se stessi! E il desiderio di sapere ancora di loro… Grazie di cuore!

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    • 11 Novembre 2015 at 05:43
      Permalink

      Se resti in torteria, oltre che di una fetta di torta, potrai godere di altri personaggi ☺

      Reply

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